martedì 31 dicembre 2013

Orvieto, l'ultima a cadere!

Sensational Umbria - Orvieto. Copyright Steve Mc Curry
Ieri siamo andati ad Orvieto, richiamati da Umbria Jazz Winter e dall'installazione in Piazza Duomo di Steve Mc Curry Sensational Umbria; dopo aver recentemente visitato il suo Viaggio Intorno all'uomo in mostra a Siena, volevamo scoprire il suo Viaggio intorno all'Umbria!
Atmosfera internazionale, intima e raffinata per questo festival del jazz che, dicono, piace anche ai non amanti del genere. Quello che io ho apprezzato di più è stato il fatto che la manifestazione non abbia stravolto la città e non abbia appannato tutto il resto delle iniziative e delle possibilità che la città offre.
Insomma, chi l'ha detto che sono le città a fare da cornice agli eventi? Chi lo dice, lo pensa, e con questo in testa, organizza ... sbaglia tutto,  sono gli eventi a fare da cornice all'incanto del posto in cui si svolgono e non viceversa.
Orvieto emerge alla grande, storia, arte, archeologia, paesaggio tutto è vicino, accessibile, facile, a portata di ...card. La carta unica Orvieto è una soluzione felice per visitare Orvieto nella sua interezza, senza ammazzarti di corse per fare tutte le visite incluse. I trasporti sono compresi, inclusa la funicolare alla rupe, gli ... imperdibili, come vengono definiti nel portale turistico di orvieto, ci sono, gli esercizi convenzionati applicano realmente gli sconti..per una volta non maledici chi te l'ha venduta all'ingresso della città e questa volta chi me l'ha venduta è una una cooperativa sociale nota, la Luigi Carli, collega e vicina a quelle con cui tanto ho collaborato e collaboro. Buon per loro!
Quali sono le cose di cui vale la pena raccontare qui?
- come visitare il Duomo di Orvieto con i bambini
- come raccontare la storia etrusca della città ai bambini
... e poi mi passerete una nota sull'installazione di Mc Curry.

La visita al duomo di Orvieto

Può apparire una missione impossibile...questi sono i nostri consigli. Per apprezzare la facciata e l'esterno basta arrivare attrezzati di un taccuino da disegno e matite, meglio se acquerellabili e il gioco è fatto. A seconda dell'età dei ragazzi, una volta realizzato il disegno si potranno aggiungere didascalie e così imparare termini interessanti come bassorilievo, rosone, mosaico, guglie, nicchie...ma anche più difficili come strombature, aggetto, angeli reggicortina, cuspide, manierismo, gotico.

 Se non è la prima volta che lo fate, allora si può scendere nei dettagli e riprodurre piccoli elementi architettonici classificati per soggetto: elementi vegetativi, animali reali, fantastici, mitologici, allegorici, figure umane, tutta l'iconografia religiosa,  le figure geometriche...c'è da perdersi.


Passando alla volta dell'interno, ci sono sempre analoghi spunti, ma questa volta la concentrazione va data agli affreschi della Cappella di San Brizio.
Noi ci siamo preparati da casa, abbiamo studiato su un testo fantastico: Inferno e Paradiso. Storie e personaggi dipinti da Luca Signorelli. Ed. Sillabe di Fabiana Giulietti e Emanuala Pantalla. Anche in questo caso, conosciamo le autrici che tante cose ci hanno insegnato a Città di Castello, di cui abbiamo raccontato in questo blog.
Ora, è tutto un riscoprire quello che abbiamo letto e visto disegnato nel libro e l'eccitazione va al massimo e raggiunge l'apice quando in mezzo alle tante figure umane rappresentate negli affreschi della cappella, riusciamo a fare tana per l'autoritratto di Luca Signorelli! Sprofondiamo nello studio delle scene pittoriche. Un gran gusto, i bambini si divertono molto, il soggetto Inferno e Paradiso si presta molto anche alla fantasia dei più piccoli...



Orvieto l'ultima città etrusca a cadere
Per avvicinare i più giovani alla storia della cittadina, approfondendo la conoscenza del suo periodo etrusco, vi consigliamo un Museo dei Ragazzi, l'unico in Umbria credo.  Si tratta del Museo archeologico Faina, situato proprio di fronte al Duomo. Anche in questo caso, potrebbe apparire quasi impossibile visitare con 4 bambini tre piani di museo ospitante numerose collezioni di vasi attici, un ricco monetiere, ridondanti collezioni di corredi funebri, bronzi etruschi, buccheri...nonchè altre antichità collezionate durante l'Ottocento dalla municipalità orvietana. 
Invece, al ticket's office ci consegnano una guida interattiva per ragazzi, un percorso di visita in 20 tappe tra gioco e storia. Il museo Faina è uno Young people's museum...e pochi lo sanno! Dovrebbero diffonderlo molto di più. Il percorso è ben curato, e propone 20 domande intriganti che suscitano la curiosità anche degli adulti accompagnatori, il tutto è arricchito dalle illustrazioni del grande Emanuele Luzzati. E poi, non ci crederete, ma la guida è scritta anche in inglese. Utile per tutti!
Gli etruschi, presenti sul massiccio tufaceo della rupe sin dal VIII sec a.c si piegarono al dominio di Roma solo nel 264 a.c., lasciano loro tracce e testimonianze in maniera significativa. Orvieto fu l'ultima città della dodecapoli etrusca a cadere, nei 6 secoli successivi solo declino e decadenza fino al tardo medioevo e alla successiva epoca comunale di cui l'opera del Duomo esprime il massimo splendore. Mentre si effettua questo viaggio nella civiltà etrusca, dalle finestre del museo, compare imponente e vicinissima la facciata del Duomo a richiamare spesso la nostra attenzione.



Mc Curry
Al lato sinistro del Duomo di Orvieto, si trovano esposti 10 scatti del famoso fotografo tratti dal suo recente lavoro sulla nostra regione. Questo lavoro sull'Umbria lo trovo molto diverso da quello a cui il fotografo ci ha abituato con i suoi celeberrini scatti di viaggio in giro per tutto il mondo. La gran parte delle composizioni sono costruite e progettate, il committente è chiaro e anche il suo obiettivo di rinnovare il brand Umbria. Risultato finale: un' umbria artificiale agli occhi dei suoi abitanti, ma questo lavoro saprà attrarre turisti...qualcuno penserà che mi sono bevuta il cervello!

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Sulla mappa google digita: Orvieto

martedì 26 novembre 2013

Le neviere del Monte Tezio

In cima al Tezio, un monte di 960 m s.l.m a circa 10 km nord da Perugia, si gode di una vista unica che spazia dalle cime appenniniche ( fra cui l'Amiata e il Cetona) a est e a nord, al Lago Trasimeno a ovest, al profilo lontano, ma inconfondibile, di Perugia a sud. Quando questi limiti visibili diventano familiari e li riconosci subito, ti senti sicuro, ti senti nel tuo posto! E' una sensazione ancestrale, che provo ogni volta e che mi ricongiunge con l'umanità!  Credo che tutti la provino! Questo controllo visivo, l'uomo lo desidera da sempre! Non a caso in cima al Tezio una campagna di scavi archeologici avvenuta tra il 2007 e il 2009 ha confermato l'ipotesi dell'esistenza di una cerchiaia di epoca protostorica: una fortificazione sommitale destinata al controllo visivo a scopo di difesa. Di questa antichissa costruzione oggi non rimane che un segno sul terreno, un solco che mette in evidenza la favorevole conformazione del suolo, un avvallamento naturale, si tratterà di una dolina carsica, così come di una dolina si tratta anche per la Neviera che sorge poco più in basso rispetto ai prati sommitali in direzione ovest.
Quando ancora non esisteva l'industria del freddo, nei mesi invernali in questo luogo la neve veniva ammassata e calpestata per renderla compatta e poi ricoperta con strati di paglia per meglio conservarla. Una volta trasformatasi in ghiaccio questo veniva sezionato in blocchi che, avvolti in sacchi di juta, erano trasportati a valle a dorso di mulo. Da qui, su carri trainati da cavalli, era poi trasferito in città per gli usi civili e domestici (ospedali, trattorie, famiglie).
L'Associazione Culturale Monti del Tezio, consapevole della necessità di salvaguardare questa importante testimonianza storica, dopo aver individuato il luogo dove sorgevano le Neviere, ormai completamente occultato dalla folta vegetazione infestante, grazie al lavoro volontario di alcuni  soci, nell'anno 2001 ha riportato alla luce i resti della costruzione che serviva per l'accumulo e la conservazione della neve.
Le più antiche notizie rintracciate all'Archivio di Stato di Perugia, risalgono al 1669. Da una sorta di avviso pubblicitario apparso sulla "Gazzetta", giornale che si stampava a Perugia  nel 1864, si legge: "Il Conte Oddi Baglioni ha sul Monte Tezio delle buche per la neve e accetta prenotazioni dai caffettieri".
Il recupero del sito, così come ora appare, è stato completato nell'estate 2005, grazie all'intervento di consolidamento e bonifica dell'intera area realizzato dalla Comunità Montana - Associazione dei Comuni Trasimeno Medio Tevere.

(Da "I Quaderni del Monte" - Collana edita dalla Associazione Culturale Monti del Tezio - n. 1 anno 2002: Le Neviere di Monte Tezio).
L'edificio di origine medioevale, seminterrato, è da tempo privo di copertura, presenta una pianta circolare del diametro interno di 12 metri ed è definito da una muratura di pietrame dello spessore di 50 cm.. Quattro piloni addossati alla parete stessa, sono ubicati alle estremità di due diametri ortogonali; su di essi erano impostati due arconi intersecantisi in chiave, sui quali era adagiata la struttura lignea sostenente un tetto tradizionale costituito da pianelle, tegole e coppi.
In giro per i monti e i boschi umbri, le neviere le abbiamo trovate varie altre volte  ( al Bosco San Francesco di Assisi per esempio), e anche in città abbiamo trovato antiche ghiacciaie o similari per la conservazione del ghiaccio ( a Città di Castello per esempio), unico mezzo un tempo per curare la febbre.
Per visitare queste, sicuramente le più maestose, site al Tezio, noi abbiamo percorso il sentiero 1 a salire, mentre siamo ridiscesi sul sentiero 3, per un totale di 6 km circa.
Buone escursioni a tutti!


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Sulla mappa digita: Parco Naturale del Monte Tezio

venerdì 22 novembre 2013

Montecorona: una storia del Medioevo in Umbria

Nel silenzio delle abbazie(1) benedettine umbre, si può ascoltare una storia del medioevo un po' meno "romantica" ( passatemi la confusione dei termini..) di quella solitamente conosciuta. Altro che ascesi e preghiera ... io ci sento quasi sempre storie di controllo e autorità su territori rurali strategici in cui le preesistenti strutture sociali, civili ed economiche avevano "bisogno" di un soggetto politico forte ( il clero)…benvenuti nel medioevo in Umbria!

Se questa storia medievale la volete rintracciare nell'attuale paesaggio umbro, dovete visitare Montecorona, nel nord della regione in prossimità di Umbertide.

Io questo posto lo spulcio ben bene da quando andavo a studiare a casa di una mia compagna d'università che viveva proprio in uno dei tanti casali appartenenti alla tenuta dell'abbazia di Montecorona e che dall'anno mille a tutt'oggi ancora produce! Una volta, nel 2000, ci ho portato in visista con l'ex trenino FCU circa 200 ragazzi francesi ... a ripensarci una follia! Comunque a parte la digressione personale, è proprio interessante visitare l'abbazia e camminare per la campagna circostante immaginandosi come questi monaci benedettini dovessero riuscire a far girare l'economia agricola del tempo.

La complessità architetturale ed edilizia della badia con la sua razionale connessione dei numerosi edifici, la vastità della tenuta coltivata a bosco, frutteto, seminativo, oliveto, prato e pascolo, ci fanno intuire che l'organizzazione materiale della comunità dei monaci dovesse essere molto rigorosa, minuziosa e ben disciplinata, parliamo di 2000 ettari di estensione, non dell'orto del frate!
Parliamo di una giurisdizione che nel Duecento aveva raggiunto 21 chiese.

La nostra visita si è articolata fra la chiesa dell'abbazia, la cripta e la campagna circostante. E' una domenica mattina di autunno presto, prestissimo, non c'è anima viva, meglio!

La chiesa è stata consacrata nell'anno 1005, ha una facciata molto semplice, il fianco sinistro è dominato dalla torre campanaria che è molto grande e particolare: la base è a pianta circolare, dicono che risalga ad epoca longobarda, poi c'è una sezione a 11 lati ed infine la parte più alta è ottagonale.

L'interno è effettivamente suggestivo e vi si possono individuare molti elementi strutturali tipici dell'architettura romanica negli archi, nelle colonne e pilastri e nelle volte.
Vi sono tre navate, al centro della grande navata un mastodontico ciborio con bassorilievi nei 4 frontoni che mi sembrano risalire ad un 'epoca addirittura precedente a quella di fondazione della chiesa, ci sono scolpiti elementi vegetali intrecciati e dei pavoni, animale dalla simbologia molto complessa nei vari culti sia pagani che cristiani.
Al di sotto della zona presbiteriale si trova, una cripta, seminterrata di cui colpisce indubbiamente la varietà dello stile delle colonnine che sorreggono le crociere, classico esempio di riuso da preesistenti edifici magari pagani o paleocristiani.
Nelle vicinanze dell'abbazia si trova anche il relativo eremo, costruito  a 700 m s.l.m  nel  secolo XVI dai Camaldolesi susseguitisi ai Benedettini nella gestione del complesso dell'abbazia. In alto per pregare, in basso per amministrare le proprietà! Per raggiungere l'eremo occorre percorrere un sentiero mattonato lungo 5 km in salita, noi decidiamo di perlustrare la tenuta di pertinenza dell'abbazia rimanendo in piano, maggiormente attratti dalla dimensione economica del fenomeno monachesimo in Umbria.
Così percorriamo la strada del Sasseto che corre lungo i campi coltivati delimitati lungo l'altro lato dal Fiume Tevere. Questi poderi dell'abbazia presentano la classica conformazione dell'unità fondiaria elementare della società medievale, giunta inalterata fino al dopoguerra. Sono presenti le strutture necessarie per produrre, vivere, conservare: i campi, il casolare, la rimessa, la stalla, e poi per incrementare la produttività ecco che ci sono i vigneti, i frutteti, le piantagioni legnose, le opere d'irrigazione ( in un muro di uno dei casali scorgo una placchetta di metallo che porta l'iscrizione dell'ente autonomo d'irrigazione anno 1967/68). La conduzione di questi poderi deve essere avvenuta secondo lo schema classico medievale faudale dove in questo caso a fare da feudatario era l'ente monastico. Oggi i casali sono tutti abbandonati dagli anni 60, tranne quello della mia amica come dicevo, mentre le terre sono coltivate dalla società Saia agricola.
E insomma fra incastellamenti e appoderamenti ... si spiega il medioevo in Umbria e  scorre la nostra storia fino alla generazione precedente alla mia, quando la famiglia contadina di trasforma con lo spostamento dei propri membri in altri settori produttivi. Ma in questa parte della nostra regione, la campagna non si è urbanizzata di tanto ed è subentrata appunto una grande azienda agraria orientata al mercato e non alla sussistenza della famiglia contadina. Passiamo di fronte al famoso pescheto della tenuta, senza poterne apprezzare il gustoso frutto…dato che è autunno!  Tanto, anche fosse stata estate, numerosi cartelli portano l'ammonimento: VIETATO RACCOGLIERE I FRUTTI CADUTI A TERRA. Che peccato!
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Sulla mappa digita: Colle di Montecorona

(1) Nel silenzio delle abbazie. Proposte di visita al patrimonio abbaziale deI territorio della provincia di Perugia, Assessorato al Turismo della Provincia di Perugia, Perugia, 2004

venerdì 15 novembre 2013

L'altra metà di Assisi

Per chi cerca sempre nuovi punti di vista…il Bosco di San Francesco è senz'altro uno dei più originali per conoscere diversamente Assisi. Io ho sempre privilegiato il Subasio come porta naturale alla città, ma anche questo accesso dal lato della valle del fiume Tescio ha le sue particolarità.
La nostra visita al Bosco San Francesco in effetti è cominciata proprio da fondovalle, in prossimità del Ponte Santa Croce o Ponte Galli; siamo in compagnia di tante altre famiglie e delle guide CAI Baby Perugia. La passeggiata si snoda lenta fra osservazioni, giochi, letture e attività e fa apprezzare a grandi e piccoli l'integrità della natura circostante.
Camminare e osservare gli elementi storici e naturalistici nel bosco di San Francesco rende espliciti due diversi modi dell'uomo di rapportarsi nel medioevo (o forse nei secoli dei secoli) con la Natura.
Da un lato abbiamo l'approccio lavoristico, è l'uomo che interviene nella natura, trasformando il paesaggio per il proprio uso: taglia, disbosca, costruisce ponti, mulini, monasteri, hospitali…in un'ottica benedettina (ora et labora) in cui il lavoro è il principale dovere, il modo in cui rendersi utile al prossimo: è la parte del Bosco in cui incontriamo il complesso monastico, benedettino per l'appunto, di Santa Croce, sono evidenti muretti e altri interventi come strade e ponti e deviazioni del corso del fiume, un paesaggio molto rimaneggiato dall'uomo. Dall'altro lato abbiamo l'approccio contemplativo tipico del francescanesimo, dove prevale la forza mistica della natura, madre e sorella, selvaggia e predominante. Siamo nella seconda parte del Bosco dove non compaiono opere dell'uomo, dove il paesaggio è maggiormente conservato come quello originale. Da qui si giunge fino alla Selva prossima alla Basilica di Assisi. Il bosco è intatto, l'uomo non lo domina, ma capisce di farne parte se vi si abbandona.
A fare da congiunzione fra questi due ambienti, l'inserimento voluto dal FAI, del Terzo Paradiso: grande opera di land art realizzata da Michelangelo Pistoletto con tre grandi solchi circolari e tangenti fra di loro, piantumati a doppio filare di ulivi. Una terza possibile strada per un'armonia futura fra l'uomo e la natura!

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Cerca nella mappa: Via San Vetturino, Assisi, PG

giovedì 14 novembre 2013

Perugia, paesaggi celati!


Domenica 6 ottobre, a Perugia, ho partecipato ad un'edizione del tutto speciale del Piedibus della salute e del benessere: un'anteprima alla domenica successiva, il 13 ottobre, giornata nazionale del camminare.  Questa passeggiata è stata organizzata dall'USLUmbria1 - Dipartimento di Prevenzione, in particolare dalla dottoressa Erminia Battista, che ho anche avuto il piacere di conoscere.
“Una giornata in cammino, tra orti e giardini, arte, storia, relazioni, emozioni, degustazioni”
Ha parteciperà al Piedibus il dottor Paolo Piacentini, Presidente Nazionale FederTrek, ideatore della Giornata Nazionale del Camminare.

Il ritrovo è avvenuto al CLA (centro linguistico d'Ateneo), in via Enrico dal Pozzo. Ho trovato molto significativo il passaggio per il Parco Santa Margherita, e in particolare per il verde giardino di una residenza protetta per anziani in uno dei vecchi padiglioni, che come ben sappiamo un tempo ospitavano il complesso dell'ospedale psichiatrico di Perugia. Tutti i cittadini dovrebbero vivere il parco santa margherita e respirarne la storia, una storia di emancipazione, superamento delle istituzioni totali, libertà!
Dal verde del Parco Santa Margherita siamo passati al giardino sensoriale di Fontenuovo, altro luogo fortemente significativo per Perugia. Da giugno del 2013 i malati di Alzheimer della residenza di Fontenuovo possono godere del contatto con la natura in un contesto idoneo al recupero psicofisico e al mantenimento delle abilità. Il percorso del giardino stimola tutti e cinque i sensi: alcune specie risvegliano il gusto, grazie all'abbondanza di frutti, altre stimolano il tatto, con foglie e fiori di diverse consistenze: lisce, carnose, ruvide… l'olfatto è stimolato da specie aromatiche, l'udito dalla presenza di una fontana e dal canto degli uccelli per i quali sono state poste delle casette sugli alberi, la vista è stimolata dall'alternanza ed omogeneità dei colori nelle varie zone in cui è diviso il giardino. A Fontenuovo i malati possono usufruire anche della stanza di e della stanza del tenno. Ci hanno fatto sperimentare tutte queste cose.

Usciti sulla Via Enrico dal Pozzo, abbiamo iniziato l'ascesa alla città, si fa per dire, ma a chi conosce la storia dell'ex manicomio del Parco Santa Margherita questa forte simbologia non sembrerà strana, io l'ho sempre immaginato così, un percorso verso l'alto, una salita, una emancipazione all'insù, per chi parte dal basso dei propri limiti e si conquista uno spazio da cittadino nella collettività. Abbiamo percorso i vicoli suggestivi di Via del Carmine, Via della Viola, fino ad arrivare al giardino dell'Usignolo per uno sguardo sulla città. Ecco questo è stato per me una grande novità: un vero angolo celato della città.
La dottoressa Luana Trinari ci racconta che il giardino dell'usignolo è il giardino di pertinenza del palazzo Rossi Scotti, nella piazza omonima, alle prome ( le sporgenze naturali dei sottostanti muraglioni di Porta Sole poggianti sulle precedenti mura etrusche della città). E' un giardino d'impronta romantica, su tre livelli, utilizzato poi nel dopoguerra come pista da ballo e cinema all'aperto. Si impone su un belvedere mozzafiato che va da Borgo Sant'Antonio a Borgo Sant'Angelo sconfinando sugli azzurrati appennini all'orizzonte ( il tipico certificato paesaggio umbro). I Rossi Scotti sono stati grandi personaggi colti perugini, recentemente ho letto che il palazzo nel 2014 verrà alienato dal Comune di Perugia, spero vivamente che ci lascino anche in futuro godere del giardino dell'usignolo e del suo fascino ineguagliabile!
Visualizza le foto dell'intero percorso! 

Cerca sulla mappa: Via Enrico dal Pozzo, Perugia, PG

lunedì 7 ottobre 2013

Paciano - Monte Pausillo

Un fine settembre, caldo e soleggiato, ci ha ispirato l’ ennesima escursione nella nostra dolce Umbria, sempre mossi dalla ricerca delle origini, dal desiderio di guardarci attorno salendo in alto,  dalla voglia di sole e benessere!
Questa volta siamo andati a Paciano, noto borgo delle terre del Trasimeno, conosciuto ai più per essere stato definito da Airone villaggio ideale d’Italia; a noi ci interessa perché da Paciano proviene la mia famiglia paterna e questa storia voglio raccontare, nei luoghi in cui si è svolta, ai miei figli!
La strada che ci conduce a Paciano, costeggia il Lago Trasimeno e ci offre la visione di un rilassato paesaggio lacustre … viene la voglia di fermarsi, ma non indugiamo perché un bel percorso ci attende: l’anello Paciano-Monte Pausillo. 
Entriamo a Paciano dalla porta Fiorentina, ma prima ci soffermiamo, appena fuori, accanto alla facciata della Chiesa di Santa Maria dell’Assunta; c’è la casa dove è nato mio padre e dove ha vissuto fino al 1957 quando, appena11-enne, si trasferisce con la famiglia a Perugia, in cerca di lavoro, ricongiungendosi con le sorelle che già erano partite a cercar fortuna e lavoravano come cameriere in un albergo: era l’Italia che si riprendeva dal secondo conflitto mondiale,  si smetteva di fare i contadini, si fuggiva dalle campagne e si inseguiva in città il mito del miracolo economico! Passaggio che più tardi si rivelerà tristemente drammatico.  
Passeggiamo fino alla piazza del municipio, facciamo colazione al baretto, avvolti dall’atmosfera domenicale del piccolo paese, quattro chiacchiere con chi sembra esperto dei dintorni ed eccoci all’uscita del paese per la porta Rastrella a pochi passi dall’inizio del sentiero che porta al monte Pausillo, un’ampia strada bianca dai panorami distesi sul Trasimeno e la Valdichiana; stiamo affrontando l’itinerario trekking 29, al contrario rispetto a come indicato sulla mappa…ma fa lo stesso, meglio fare la salita all’inizio ed effettuare il rientro in discesa!


Giunti alla cima, ci concediamo la consueta sosta, al sole, a bordo sentiero, in una piccolissima radura sommitale prima di discendere per l’interno del bosco. Il sentiero è ora ombreggiato, si tratta di una strada di crinale fra il Petrarvella ( il monte dove sorge il paese di Paciano) e il Pausillo, segnalata come MOLTO PERICOLOSA per le mountain bikes, facile e piacevole per chi va a piedi.  Si esce dal bosco all’altezza di casa Bigiarello, ed eccoci al fonte delle lavandaie e alla Porta Perugina. Rientriamo in paese e ci concediamo un ultimo girovagare e giocare con i bambini alla ricerca di segni, particolari, testimonianze che ci possono raccontare qualcosa sulla storia del paese.  
Oramai questo gioco ci piace un sacco  e lo facciamo un po’ ovunque! E così cominciamo a notare che si tratta del classico castrum medievale, al di fuori del quale ben poco è stato costruito e che non dispone di una vera e propria cinta muraria, ma di case-mura e case-torri attaccate l’una all’altra.  Su queste mura si aprono le 4 porte, due delle quali orientate verso le principali città del territorio circostante da cui il nome Fiorentina e Perugina.  Poi ci mettiamo a contare le chiese, ci aspettiamo di trovarne in un numero esagerato per le dimensioni del paese, ma sappiamo che è così un po’ in tutta Umbria, anche qui, le 5 chiese interne, più le 3 esterne, testimoniano la presenza di varie confraternite religiose e ci dicono molto di come dovessero essere una sorta di attuali poli di aggregazione… per la gestione della vita sociale, culturale, assistenziale, economica; una società medioevale tutta permeata dalla religiosità! 
Immancabile la piazza centrale su cui affaccia il palazzo del municipio. 
Il reticolo della città è pressocchè ortogonale con varie zone irregolari, dove si nascondono gli scorci più caratteristici. Le case ci appaiono costruite con una semplice tecnica, ovviamente non dovevano disporre di adduzione dell’acqua o fognature, ecco perchè la presenza del pozzo e varie fontane; non mancano le case delle famiglie più ricche e potenti immediatamente riconoscibili per le dimensioni, lo schema  a corte e qualche elemento decorativo più curato.
Anche la toponomastica ci aiuterebbe per fare altri giochi…ma, mi viene un’altra idea: la prossima volta ci torneremo con il nonno e la zia e ci facciamo fare da loro una visita narrata, piena di ricordi e aneddoti più recenti!

domenica 21 luglio 2013

Il lavandeto di Assisi

E' una pianta generosa e con pochissime esigenze ... e questo è il tempo della sua fioritura ... la lavanda!
Domenica 30 giugno siamo andati al Lavandeto di Assisi, in località Castelnuovo di Assisi, ad ammirare la fioritura in un grande campo giardino: lunghi filari di lavanda bianchi, rosa, blu e viola incorniciati dal classico paesaggio di Assisi.
In occasione delle fioritura il lavandeto organizza tutti gli anni la Festa della Lavanda, una serie di iniziative molto carine e interessanti intorno agli svariati usi, modi, coltivazioni di questa pianta e molte altre varietà di piante officinali.
Fra le tante proposte noi abbiamo frequentato un piccolo corso di pittura botanica con il maestro Angelo Speziale.
Angelo è un pittore naturalista che vive a Bevagna e in occasione della Festa della Lavanda insegna alle persone ad osservare e riprodurre le meravigliose geometrie della natura che ci circonda!
Il grande campo di lavanda si poteva visitare liberamente o accompagnati dai coltivatori, nel giardino tanti piccoli stand in cui svolgere interessanti attività come appunto la pittura botanica, oppure la distillazione dell'olio essenziale di lavanda, oppure la preparazione di tisane o la realizzazione di bouquet.
Nel frastuono generale delle tante iniziative estive...questa mi è sembrata delicata e sensata, frutto del lavoro, della passione e creatività di persone molto disponibili e aperte!
Visualizza tutte le immagini al lavandeto


martedì 18 giugno 2013

Il romitorio di Monte Malbe

Mi piace tanto fare escursioni a Monte Malbe, in varie stagioni dell'anno; vado e inseguo i miei ricordi di bambina.
Fino ai primi anni 80 a Monte Malbe, in località Monte Pulito, ci viveva in una bellissima casa rurale la mia bisnonna con quello che rimaneva della sua grande famiglia colonica, la bisnonna Ida deteneva ancora un contratto agricolo di mezzadria con il proprietario del podere, un contratto che è durato fin a quando la legge italiana lo ha permesso, dopodichè, lo ricordo ancora benissimo, dovette ottantenne abbandonare la casa in campagna e trasferirsi in città a Perugia, morendo quasi subito dopo.
Fino a quel momento io ho potuto andare quasi tutte le domeniche a "scuola di ruralità" nella casa di Monte Malbe della bisnonna. Tutto quello che so di pratico e contadino lo ho imparato lì: la raccolta dei funghi, la raccolta degli asparagi, le erbe selvatiche, andare a fare la macchia ( raccolta della legna), la cucina tradizionale umbra ( la torta al testo, la torta di pasqua, la macellazione del maiale) e ancora i segreti della vigna, la raccolta delle olive, tutto quello che conosco di alberi, arbusti e animali da cortile e del bosco... Anche la mia passione per la geologia credo sia iniziata lì, amavo la terra rossa di Monte Malbe dalla quale uscivano fuori bei ciottoli bianchi, più tardi avrei imparato che si
trattava di scaglia rossa e calcari. Racconta mia madre che quando da piccola, tornando a casa da Monte Malbe di sera, mi si apriva davanti il paesaggio illuminato della città di Perugia adagiata sui suoi colli, dicessi sempre: "Pugia mia!" (Perugia mia!).
Insomma amo Monte Malbe.
L'itinerario che ho fatto sabato mattina parte dal Colle della Trinità, arriva al Romitorio di Monte Malbe, ossia all'eremo di San Salvatore e continua ad anello ( lato Corciano) sino a ritornare al punto di partenza.
Il romitorio, agli inizi degli anni settanta, da bambina, era ridotto ad un cumulo di materiali ricoperti di erbacce, oggi è completamente restaurato.
Abbiamo iniziato il percorso dall'ingresso di Colle della Trinità poco sopra al camping il Pettirosso, il primo paesaggio che si ha è di tipo agricolo, giunti al Podere Le Trosce, si lascia la casa colonica sulla destra e si entra nel bosco di lecci. La selva di Monte Malbe è bella e generosa. All'inizio si segue il sentiero n.2 delle Trosce, poi si trova una deviazione per il Romitorio, dopo aver attraversato un canalone torrentizio (che potrebbe essere anche una dolina), ci si imbatte in una troscia: espressione della formazione calcarea del monte, un piccolo invaso di acqua di sorgente alla quale si dissetano gli animali. L'uomo è intervenuto facendo dei piccoli
muretti e un arco di tenuta. Alzando gli occhi ecco che si scorgono non lontane le mura del romitorio.
L'ultima volta ci eravamo stati in inverno provenendo dal lato opposto del monte per il quale adesso ci siamo tornati indietro completando la passeggiata.
L'eremo si può osservare solo da fuori, furtivamnete possiamo scattare qualche foto tra la recinzione.
Ogni volta che ci vengo non ci vedo mai nessuno dentro, mi domando, perchè tenerlo chiuso, perchè i camminatori non possono goderselo?
Questa è la storia dell'eremo:
un documento conservato nel monastero di Fonte Avellana ricorda come giorno di consacrazione della piccola chiesa all'interno contenuta il 22 febbraio e la sua dedicazione ai santi Salvatore, Maria, Giacomo, Cristoforo e Nicola; incerto, però, è l’anno. Nel 1139 l’eremo è comunque annoverato tra i beni della congregazione del monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, nella Diocesi di Gubbio. Frequentato in seguito dai cosiddetti “fraticelli”, noti anche con l’appellativo di “fraticelli eretici”, e successivamente dai frati francescani di Perugia, nel 1507 tornò in possesso dei monaci di Fonte Avellana. Nel 1523 fu aggregato agli olivetani di Monte Morcino, fino alla metà del XVI
secolo quando tornò ancora in mano degli avellaniti. Nel 1569, anno in cui la congregazione venne soppressa, fu declassato da priorato a semplice commenda. Alla fine dell’Ottocento il complesso era ancora annoverato tra le spettanze del Seminario vescovile di Perugia finché, già al principio del XX secolo come beneficio semplice, viene acquistato da un possidente locale...che lo tiene pressocchè sempre chiuso.
Va beh, è bello anche venirci così, noi in genere ci fermiamo presso le mura a fare uno spuntino e spesso ci mettiamo a fare un disegno dal vivo di alcuni particolari che possiamo vedere magari arrampicandoci un pò...
Poi ripartiamo.
Il sentiero ci porta fuori dalla macchia, all'interno della quale in inverno facciamo sempre scorpacciate di corbezzoli ( in perugino le piante dei corbezzoli le chiamiamo "lalleroni"), adesso è tutto un fiorire di ginestre, cisto, rosa canina, prugnolo...
Si spunta fuori sulla strada che in salita ci riporterà alla sommità del Colle della Trinità: il punto di partenza. Corciano è di fronte, quasi a ricordarci che il territorio di Monte Malbe è anche suo e non solo di spettanza di Perugia. La storia ci dice che se lo sono conteso dal 1200 al 1800. Un tempo doveva essere una importante fonte di risorse: legno, calce, carbone, prodotti del sottobosco, e poi tutto il periodo della mezzadria che dopotutto ha permesso una buona conservazione del paesaggio agricolo.
La prossima volta vi racconto di altri itinerari a Monte Molbe.
Varie foto di escursioni al Romitorio di Monte Malbe

lunedì 3 giugno 2013

Cannara di fiori colorata!

Lo scorso fine settimana il centro storico di Cannara si è vestito di fiori per celebrare, come da tradizione, la festa del Corpus Domini.
E' una festa interessante l'Infiorata di Cannara, anche per chi non vuole considerarne l'aspetto religioso.
Un'esperienza sensoriale, una manifestazione artistica, un evento di grande valenza sociale.
Cospargere le strade con petali di fiori per onorare il passaggio del Corpo di Cristo è un'usanza antica che a Cannara risale al 1826.
Quella di Cannara è l'infiorata più antica dell'Umbria.
Ma il primo tappeto policromo realizzato secondo precisi disegni, quindi non solo un casuale spargimento di fiori, avvenne più tardi, nel 1950 in Via Ettore Thesorieri per opera del signore Mario Preziotti. Da allora gli abitanti di Cannara cercano di mantenere viva questa tradizione e arricchirla di anno in anno raffinando le tecniche realizzative.
La prima volta che sono entrata in contatto con la comunità cannarese dedita all'opera della realizzazione delle infiorate era il 2004 e avevamo appena avviato la nostra avventura imprenditoriale della Tana Libera Tutti.
Siamo entrati da stranieri a Cannara, al lavoro in ostello, nessuno di noi del posto, nei giorni della preparazione della festa, ricordo le scatole di petali variopinti disposti al sole ad asciugare ad ogni angolo del paese, ricordo il lavorio di bambini e anziani nei fondi e
cantine, la mia curiosità di osservarli nei loro gesti sapienti, con strane attrezzature spela-fiori, ricordo l'orgoglio con cui l'infioratore Fausto, uno dei primi cittadini cannaresi che ci è stato vicino, ci raccontava e dimostrava come si fà con bacche fiori, infiorescenze e bozzetti.
Sono passati un bel pò di anni, la nostra esperienza d'impresa sociale nel paese è maturata e mutata tante volte assieme alle persone che ne sono state protagoniste, ma il momento della festa delle infiorate rimane sempre emotivamente coinvolgente, come quella prima volta in cui ci siamo trovati travolti dentro.
Travolgenti sono gli stimoli sensoriali: i colori, i profumi, i suoni. Mille sfumature di giallo, rosa, rosso, verde, viola; odore di finocchio selvatico, rose, camomilla...e tante voci del paese dedito all'opera, poi la musica della banda, e il chiacchiericcio degli avventori.
Ci sono maestri infioratori che ne hanno fatto una vera arte, un sapere oramai ben codificato: c'è chi lavora il fiore fresco realizzando soprattutto disegni geometrici, chi il fiore secco ottenendo polveri sottili con cui si possono riprodurre fedelmente soggetti pittorici in notevole dettaglio.
Ma questi artisti infioratori non possono prescindere dai semplici collaboratori, il popolo, diverse generazioni fianco a fianco, che disegnano la strada con i gessi, bagnano con l'acqua, dispongono i petali o preparano qualcosa da mangiare nella lunga notte di sabato in cui si realizzano i tappeti.
L'infiorata è una grande opera popolare dove ogni cittadino fornisce il suo contributo, sì possiamo proprio dirlo, ogni cittadino!
Questo grande senso di identità collettiva mi ha sempre colpito e nel nostro lavoro di "albergatori sociali" abbiamo sempre cercato di narrarlo ai nostri viaggiatori, molte volte ci ha fatto sentire esterni, diversi, intesi come "altri", non posso nascondere la fatica di fare i conti con questo aspetto!
Ma ancora insistiamo nel cercare di interiorizzare i più bei elementi dell'entità collettiva cannarese e lo facciamo, studiando la storia, osservando, curiosando, entrando nelle case degli artisti, nei musei, parlando con tutti, raccontando tutto quello che impariamo agli ospiti che vengono a dormire in ostello o a mangiare in ristorante.
Non è anche questa una sfida? Ecco, anche noi con semplicità vi facciamo vedere attraverso queste foto cosa è...la "nostra" Cannara,  la Cannara in cui abbiamo deciso quasi 10 anni fa di intraprendere, cambiare e aprire un pò le menti, includere...e c'è chi lo chiama solo turismo!
Sabato sera - la preparazione
Domenica - l'opera realizzata, la processione e una passeggiata per il paese




giovedì 23 maggio 2013

Montelabate e i suoi castelli

Questo itinerario ci porta indietro nel tempo nel periodo più oscuro del medioevo, quando, dopo la caduta dell'impero romano anche in Umbria le terre erano abbandonate.
Siamo a circa 20 km nord da Perugia, in località Montelabate.
A sovrastare la zona che è tutta un rincorrersi di colline, vi è l'Abbazia di Santa Maria di Valdiponte, oggi nota come Abbazia di Montelabate: un antico complesso monastico benedettino di stupefacente bellezza!
C'è un anello di circa 7 km che si snoda fra quelli che un tempo erano i vasti possedimenti dell'abbazia. Ci sono stata in una bella giornata di sole.
Mi è sempre piaciuto qui, mi ci portavano da bambina a prendere il fresco lungo il torrente Ventia,  un luogo familiare dato che il mio nonno materno nell'immediato dopoguerra percorreva la vallata della Ventia regolarmente per recarsi da Gubbio a Perugia in cerca di lavori come muratore; mi sembrava un posto segreto da piccola, ancora lo è credo; più di una volta ci sono tornata da adulta clandestinamente, quando ancora la sentieristica non era tracciata, cercando sempre di "violare" le mura dell'abbazia, ma non mi è mai riuscito di entrarci regolarmente, ( a tutt'oggi è visitabile solo su prenotazione). Tutto questo non ha fatto altro che accrescere in me l'immaginazione sulla storia antica di questo posto.
Come dicevamo, nell'alto medioevo, i monaci benedettini, fedeli alla regola Ora et Labora, si insediarono in queste terre recuperandole e offrendo protezione alle persone che accettavano di lavorarle. I monaci assegnavano dei terreni da coltivare, con contratti detti “enfiteutici” o “di livello” per i quali i lavoratori dovevano dare dei beni in natura al monastero quali: uova in occasione della Pasqua, una spalla di maiale per la festa dell’Assunzione e quattro capi di pollame per Natale.
Questi tributi venivano poi, ridistribuiti tra i più poveri; infatti ai monaci, le regole, impedivano di vivere del lavoro altrui e di mangiare carne.
Così facendo, a partire dalla fondazione risalente al 996, fino al XIII secolo, all’apice del suo prestigio, l’Abbazia divenne la più grande potenza religiosa ed economica del perugino: contando 30 chiese parrocchiali e 20 castelli.
Durante l'escursione si possono osservare i campi della antica proprietà fondiaria, in parte ancora produttivi e rigogliosi di olivi, i ruderi delle mura di uno dei tanti castelli (chiamato il castellaccio) oggi completamente colonizzato dagli alberi, un tempo ricovero per i contadini, poi ancora, sulla cima di un colle a metà percorso circa, si scoprono i resti delle mura di Castiglion Fidatto, antichissimo presidio fortificato abbandonato nel Cinquecento fra le cui case venne stilato il testamento del 996 che consentiva all’Abbazia di prendere possesso dei numerosi terreni.
Lungo l'itinerario si scorgono anche segni di una storia più recente, 2 case coloniche: una ancora abitata al centro di una gran bella azienda agricola, un'altra abbandonata nel dopoguerra, casa Libraro, un escursionista attento può notare sotto uno strato di terra, la bella strada lastricata che conduceva a queste case.
Coi i bambini si può giocare a riconoscere gli arbusti più diffusi: ginestra, cisto, rosa canina, ginepro, rovi...; e poi si può far capire benissimo come e dove gli alberi hanno colonizzato gli antichi terreni agricoli medioevali: si aprono ogni tanto delle radure boscate di cerro e roverella che piano piano si sono mangiate i campi.
Dato il periodo di abbondanti piogge, il sentiero in molti tratti era fangoso, così abbiamo potuto osservare le tracce di molti animali ( cinghiali, istrici e caprioli), in un punto siamo incappati anche in una bella frana anche se facilmente aggirabile.
Ad un certo punto, in dirittura d'arrivo, sopraggiunge il classico rumore di un torrente: è la Ventia che poi si fa vedere e si deve guadare due volte.
Nei punti più panoramici dell'itinerario si apre un’ampia vista, dietro la sagoma imponente dell'abbazia sorge lontana Perugia con il suo inconfondibile "skyline", e continuando ecco la vista del Monte Tezio e Monte Acuto sulla sinistra, con l’Appennino umbro-marchigiano sulla destra ( il Monte Cucco e il Catria).
In tutto questo giro non si perde quasi mai di vista l'abbazia, fra le cui mura molte storie si sono avvicendate.
Mi piacerebbe molto approfondire finalmente la visita al suo interno e apprezzarne la valenza architettonica. Durante l'escursione si possono già apprezzare degli elementi: intanto è riconoscibile l'impiano generale romanico-gotico, si vedono bene la facciata con un grande portale ad ogine, sormontate da un rosone in travertino, il campanile squadrato e tozzo con un ordine di colonnine sempre in travertino, la fiancata imponente, si intuisce il perimetro del monastero che lascia a nord la chiesa e si chiude attorno ad un chiostro che dovrebbe essere bellissimo, celato al suo interno!
Il prossimo 1 giugno l'abbazia aprirà le porte ai visitatori ( dal 1956 tutta la proprietà è della Fondazione Gaslini di Genova) e mi piacerebbe esserci!
Altre foto dell'intera escursione.






mercoledì 15 maggio 2013

Annibale al Trasimeno, se ci crediamo capiremo!

Comincio a chiedermi cosa e chi sto cercando. Forse Annibale non è un uomo, è una malattia. E noi siamo solo gli ultimi di una processione di allocchi venuti in pellegrinaggio su queste pietraie alla ricerca del nulla. Così attacca Paolo Rumiz nel primo capitolo del suo libro "Annibale Un viaggio" e più o meno così la pensavo anche io prima di domenica scorsa quando ho effettuato con la famiglia il percorso annibalico al Trasimeno nei pressi di Tuoro: un itinerario storico archeologico effettuabile a piedi o in bicicletta attraverso i campi che furono teatro dell’epico scontro tra romani e cartaginesi nel giugno del 217 a.c. durante la seconda guerra punica.
Ci andiamo perché Giosuè lo ha appena studiato a scuola e … quale occasione migliore per fargli condurre la visita?
Siccome si tratta di un circuito di 16 km, per prima cosa studiamo come tagliarlo un po', avendo a disposizione solo mezza giornata, senza danneggiare la forza evocativa dei luoghi che hanno reso celebre questo mito.
Alla fine decidiamo di percorrere l'itinerario così:
partenza dal paese di Tuoro sosta 10, segue la tappa 11 e poi a ritroso le tappe dalla 4 alla 9 seguendo l'anello di Sanguineto. In ogni piazzola di sosta ci sono 3 pannelli informativi in 4 lingue: un pannello riporta la mappa del circuito e la localizzazione attuale, in un altro ci sono immagini con approfondimenti scritti che riportano le fasi della battaglia e aiutano a calarle nel paesaggio attuale ( praticamente quasi intatto da 20
secoli), l'ultimo pannello mette a confronto, mediante delle infografiche, le 4 teorie principali sulla Battaglia ( Brizzi-Gambini, Susini, Fuchs-Pareti-De Sanctis, Nissen). Noi ci siamo meno interessati a quest'ultimo aspetto prettamente scientifico, mentre ci è piaciuto di più credere al mito, pur sapendo che qualche cosa poteva essere solo una leggenda; se ci crediamo capiremo, come dicevo nel titolo parafrasando le parole di Rumiz! Ci piacciono le narrazioni che questi luoghi riecheggiano da secoli e perché dovremmo non crederci? In fondo sono solo un pretesto per viaggiare nella memoria e questo è esattamente quello che in genere si cerca in un viaggio!

Al centro del paese di Touro per chi …avesse bisogno di una ripassatina sulla vicenda storica, si trova il centro permanente di documentazione sulla battaglia del Trasimeno, noi lo abbiamo trovato chiuso, sicuramente siamo piombati lì troppo presto di mattina..ma per fortuna c'avevamo Giosuè fresco di studi che ci ha introdotto nella cornice storica della battaglia, così siamo partiti in camminata esercitando anche l'immaginazione.
La passeggiata è superba, inutile dirlo, dal punto di vista naturalistico e le storie che si scoprono su questa vicenda molto interessanti e curiose, così provo a trarre qualche considerazione.
Intanto i romani, guidati da Flaminio, cadono in un'imboscata del tutto prevedibile, chiunque osservando da quassù la geografia del Trasimeno e delle sue colline capirebbe che sono un tenaglia naturale …ma i romani ci sono entrati dentro trovando la morte in 15 mila su 25 mila, proprio qui nella piana tra il lago e le colline.
Le truppe romane avvolte nella nebbia del mattino proprio non dovevano averci capito nulla di quanto stesse succedendo. I cartaginesi li attaccarono scendendo dalle colline, e fù una confusione massima!
Alla sosta 7 ( il punto in cui Annibale sferrò l'ordine di attacco) mi è venuto proprio da ridere, (sarò crudele a tifare per i cartaginesi?) da quassù i cartaginesi dovevano aver avuto ampia e bella vista sulla colonna romana che stava costeggiando la riva del Lago! Perché la trappola di Annibale avesse avuto successo, era necessario che la colonna dell'esercito romano fosse stata il più allungata possibile ed interamente esposta all'attacco,  da quassù li avranno visti sfilare uno ad uno al Malpasso ( sosta 2, un imbocco stretto alla riva del lago) ed entrare nella più grande imboscata della storia militare: la loro! Solo un fesso poteva entrarci! Leggendo cosa ci racconta Rumiz del suo viaggio accompagnato direttamente dal professor Brizzi, sembrerebbe esserci una spiegazione: secondo Brizzi i romani in guerra erano leali, ritenevano che in battaglia non si dovessero fare trucchi, ci si schierava in campo aperto e si combatteva e basta; Annibale, invece, essendo cartaginese era intriso di cultura greca, e per lui l'astuzia era una virtù di guerra. Giosuè conferma questa teoria, mi dice: "i cartaginesi erano furbi!" e così anche io avvaloro la tesi del Brizzi!
I romani non solo si trovarono in svantaggio numerico( i cartaginesi erano 60 mila mercenari fra cartaginesi, galli e iberici), ma per di più i due consoli che li guidavano ( Flaminio e Servilio) erano distanti tra loro e incapaci di collaborare, Servilio doveva essere arrivato a Foligno oramai ( percorrendo proprio la via Flamina fatta costruire dal collega), mentre Flaminio si trovava da solo al Trasimeno. Un grave errore che gli costerà la vita insieme ad altri 15 mila dei suoi!
Flaminio venne ucciso in combattimento nella piana del Trasimeno ( sosta 6) da un guerriero insubro dell'esercito cartaginese partito  a testa bassa verso di lui. Ducario si chiamava: un gallo. Secondo Livio fu lui a riconoscerlo nel mezzo della confusione della battaglia ( 85 mila persone che combattono corpo a corpo!) e a trafiggerlo. Livio scrive anche che gli taglio la testa.
Dicono che la salma sia rimasta in mano ai romani e seppellita nei pressi del Trasimeno, ma ti pare che in zona non ci sia da nessuna parte un reperto archeologico di questa tomba? Per me ha fatto la fine degli altri: spogliato dell'armatura, arso nelle camere di combustione per mano degli abitanti del posto che manco lo avranno individuato in mezzo agli altri corpi ( migliaia e migliaia tra romani e cartaginesi).
Alla tappa 9 si possono vedere questi forni di cremazione, fatti realizzare da Annibale vittorioso per "ripulire" la campagna dai corpi. Si chiamano ustrina. Se ne vedono le imboccature, sono scavati sotto terra, prevedevano un fuoco sulla base sottoterra e sulla imboccatura una griglia di legno sulla quale adagiavano i corpi che bruciavano insieme al legno.
Per noi questa è stata l'ultima tappa del percorso, dalla tappa 9 siamo ritornati al centro di Touro.
Dopo questa prima esperienza, sarebbe interessante seguire il cammino di Annibale in qualche altro luogo del Mediterraneo e continuare ad approfondire il mito e il contromito dell'imperialismo romano di ieri e di sempre: un bel viaggio!
Visualizza altre foto dell'escursione

domenica 5 maggio 2013

Perugia e la sua via delle acque. Un'escursione a Monte Pacciano.

 
Oggi vi racconto storie d'acqua sulla mia città: Perugia. Una storia che risale all'epoca medievale, per quanto altrettanto interessante sarebbe parlare di come la città si organizzava nel periodo etrusco e romano per l'adduzione dell'acqua, ma la storia di oggi risale al 1254 quando il Consiglio Generale del Popolo del prosperoso Comune di Perugia decise di realizzare in piazza San Lorenzo ( l'attuale Piazza IV Novembre) una grandiosa fonte ( la Fontana Maggiore) unitamente al relativo acquedotto di adduzione. La fontana è il simbolo della città e chiunque la visiti ne va a conoscere la grandiosa opera artistica, ma io mi sono incuriosita all'aspetto idraulico e ho voluto seguire la via che le acque fanno dalle sorgenti alla città. Il progetto di riunire le sorgenti di Monte Pacciano, di costruire le necessarie cisterne e l'acquedotto fino alla città fu affidato a Fra Bevignate e all'ingegnere idraulico Boninsegna Veneziano.
Abbiamo fatto un’escursione lungo questo itinerario appassionandoci a …cosa c’è dietro al rubinetto di casa, eh sì perchè in realtà i conservoni di Monte Pacciano sono ancora usati oggi come riserva d’emergenza nei periodi di siccità. 

L’escursione si può effettuare in 3 fasi:



-        un trekking ad anello nella zona di MontePacciano nei luoghi della sorgente della Barigiana, della Conserva delle Vene, dei Conservoni Vecchi con relativa visita al museo delle acque. ( 3 - 4 ore)




-        un itinerario lungo il tracciato dell’acquedotto che attraversa la Valle della Conca: Sant’Orfeto, San Marco, Montegrillo, Ponte D’Oddi, fino al Monastero di Monteripido ( questo noi l’abbiamo effettuuato in macchina fermandoci nei luoghi panoramici in cui sono visibili le arcate dell’acquedotto, 30 minuti)




- la visita in città: si entra a Perugia per la Porta del Cassero e si arriva fino alla Fontana Maggiore passando per la famosissima Via dell'acquedotto. ( permanenza a scelta)









L'escursione inizia in prossimità della Conserva delle Vene ( in località San Marco, si seguono le indicazioni per monte Pacciano - museo delle acque), si trova un piccolo parcheggio dove si può lasciare la macchina e iniziare la camminata. 
Il bosco si alterna alle radure,  quando si giunge ad un'area nuda, incolta, assai ampia denominata Posto Bello ci si apre un panorama superbo su gran parte della catena appenninica, la media valle del Tevere, il Monte Subasio e tutta Perugia. Poi, più vicini si vedono Montenero, Montebagnolo, Montelaguardia e sulla destra chiude ancora Perugia, che si distende in tutta la sua bellezza medievale, facendo capolino tra le verdi colline.
A seguire in direzione di Montenero, Montebagnolo e Montelaguardia ci si inoltra in un bosco misto di conifere e di querce caducifoglie fino a che sbuca alla vista, vicina e imponente,
la sagoma del Monte Tezio in primissimo piano. Ora ci troviamo in un contesto di aree agricole con la presenza di qualche casale e da qui si può concludere l'anello in vari modi: si può proseguire fino alla Rabatta oppure riaddentrarsi nel  bosco godendosi le numerose specie arboree quali cerro, roverella, carpino, acero, corbezzolo e castagno ( noi abbiamo fatto così) giungendo in entrambe i percorsi ai vecchi conservoni e alla vecchia casa del custode delle acque che impediva furti e avvelenamenti e che ora è un museo.


La visita al museo delle acque ( aperto da maggio a settembre le mattine di  sab e dom) è molto interessante soprattutto per chi cammina con bambini, il museo è organizzato in due sezioni: una curata dal POST dedicata all'acqua come risorsa e l'altra dedicata a questa grande storia dei conservoni e dell'acquedotto di Perugia. Gli appassionati della storia di Perugia, potranno conoscere molte informazioni e aneddoti tra cui il più sorprendente è sicuramnete il fatto che l'acquedotto fu danneggiato per mano dell’uomo ( hanno dovuto ricostruirlo interamente 2 volte nel 1317 e nel 1884); molti infatti depredavano l’acquedotto per procurarsi il piombo delle tubature o addirittura ne deviavano il corso per garantirsi l’acqua sufficiente a irrigare i propri terreni. Nel 1641, ad esempio, si scoprì come il normale afflusso di acqua fosse impedito da tre diversi conventi di clausura della città, e in special modo dalle monache del convento di sant’Antonio di Padova.
Il museo aiuta a capire anche la natura delle acque conservate nei vari serbatoi: ce ne sono sorgive ( quelle della Conserva delle vene) e ce ne sono piovane ( quelle del Conservone Vecchio), un escursionista attento può intuirlo anche prima di apprenderlo all'interno del museo: il terreno della zona di Monte Pacciano è sabbioso, di tipo alluvionale quindi permeabile e presuppone un acquifero per porosità, invece il vicinissimo Monte Tezio è di origine calcarea e pertanto permette un acquifero per fessurazione dando origine alle sorgenti ( del Faggeto e della Barigiana).

Terminata la visita al museo, si può ripartire con la macchina sul percorso dell'acquedotto.
Sorprendono le arcate di Monte Spinello, le più alte, ne sono visibili 4 e per più di metà dell'altezza sono coperte di vegetazione.





Quando giungiamo in prossimità della porta del Cassero di Perugia, entriamo e andiamo a rivedere con occhi diversi la via delle scalette dell'acquedotto e la fontana, che se pur ce l'abbiamo davanti tutti i giorni non l'avevamo mai considerate da questo punto di vista.

Guarda altre foto dell'escursione.