Rosa fresca aulentissima, è così che lo spasimante definisce la sua "madonna" nella tenzone di Cielo D'Alcamo, autore vissuto alla corte palermitana di Federico II nella prima metà del 13° secolo ritenuto tra i primi autori della letteratura italiana e così comincia anche a raccontare Tommaso Bigi al museo Le Garavelle sabato sera 2 marzo.
Tutti riuniti al focolare ad ascoltare.
Dovevo capirlo subito che questo salto indietro nel tempo in un'epoca in cui per rubare un bacio ci si nascondeva dietro il pagliaio, ci avrebbe inevitabilmente portato a fare i conti con la condizione femminile e il ruolo della donna nella società! Insomma, di ritorno da questa bellissima serata organizzata dalla cooperativa sociale Il Poliedro, mi rimane insieme al fascino per il gusto, le abitudini, i valori di un nostro passato popolare, anche una certa incazzatura ( si può scrivere incazzatura in un blog?) per questa incessante ricerca d'uguaglianza fra uomo e donna anche ( e soprattutto) se si parla di "amore" con la a maiuscola o minuscola che sia!
Ma rapita dall'affabulazione del cantastorie Bigi, non me ne curo inizialmente e mi lascio trasportare dai racconti a Venezia, nell'atmosfera ironica ed erotica della commedia La Betìa di Ruzante. Anche questa una tenzone d'amore tra il contadino Zillio e la Betìa, dove le metafore, i temi, i toni, le immagini, anziché attingere al mondo dello spirito, dell'angelicato, del paradiso, attingono alla ruspante concretezza contadinesca della materialità quotidiana, al corporale, al sensibile, all'animalesco. Ecco piano piano, ricordando l'Historia de duobus amantibus di Enea Silvio Piccolomini e la incredibile storia del duca Vincenzo Gonzaga e della sua "verga", ci avviciniamo sempre più al tema della serata: l' amore presso il popolo contadino di 100 anni fa. Qualcosa di animalesco. Inutile girarci atttorno, dice Tommaso Bigi, la donna era considerata al pari di una bestia da acquistare al mercato.
Ma anche in questa situazione di assoggettamento, forse c'era spazio per i sentimenti.
Tommaso ci parla di un amore fatto di sguardi e avvicinamenti alle veglie, sull'aia, alla messa, un amore consumato nella stalla, nel bosco mentre la donna pascolava le pecore ( ma in questo caso molto spesso era una violenza e la colpa era sempre della donna consenziente), nei campi, e poi più avanti, amore sulla lambretta o nella 500.
Ma in tempo di guerra o dopopguerra, quando gli uomini emigravano, ci si sposava anche per procura. Moglie e buoi dei paesi tuoi! Non fa una piega! E così a molte donne capitava anche di sposarsi con uno sconosciuto ... neanche presente alla cerimonia!
Veniamo pertanto ai racconti dei matrimoni e di tutta la ritualità che li accompagnava: il fidanzamento, i complimenti ( regali fra parentado), il pranzo rigorosamente preparato dalla sposa, il corredo, la dote, la serenata e poi la gravidanza, il parto, la quarantena. Una vita difficile per la donna!
Durante la serata ci vengono offerti i confetti, gli zuccherini ( dei dolci a forma di anello fatti con farina, acqua, anice), beviamo il rosolio, osserviamo e ascoltiamo Giuseppina e Francesca, ricamatrici della ditta Busatti, che ci dimostrano il lavoro al tombolo e i loro manufatti pregiati e antichi...ridiamo e scherziamo con gli aneddoti di Tommaso sulle prime notti di nozze, e addirittira arrivano anche due "sonatori" con la fisarmonica, il clima della serata è squisito, si fa dolce e nostalgico ma a me viene una gran tristezza ...perchè non riesco a vedere nessun segno di emancipazione per queste donne di cui abbiamo narrato tutta la serata, per queste che sono state anche le mie nonne!
Ma per fortuna una speranza mi arriva, quando Tommaso ricorda cosa portavano con se le donne quando si trasferivano a casa del futuro marito:
il credenzone con il corredo, la macchina da cucire, e la BICI!!! EVVIVA! Finalmente un segno di emancipazione!
La testa mi si riempie di immagini di donne in bicicletta: suffragette, staffette partigiane, eroine che si battono per il diritto di voto e la libertà...fino ad oggi ! Penso alla bambina saudita Wadjda sulla sua bicicletta verde: un film che racconta di un paese dove le donne, ancora oggi, non possono guidare l’auto, votare, lavorare sotto retribuzione, sposarsi senza il consenso del padre. Quasi 150 anni dopo, la bicicletta ancora non ha esaurito la propria forza emancipatrice nei confronti del genere femminile!
Questa serata al museo Le Garavelle assume il valore di tenere viva la memoria per non dimenticarsi le lotte femminili per ottenere il riconoscimento della piena dignità! Almeno per me questo ha significato e sono orgogliosa di esserci stata!